sabato 2 febbraio 2013

1 Giovanni 3,14


«Noi sappiamo che siamo passati dalla morte alla vita, perché amiamo i fratelli» (1 Gv 3,14).


Per passare dalla morte alla vita, è fondamentale di perdonare. E’ molto difficile a perdonare, anzi, di poter perdonare una grande offesa è impossibile senza chiedere l’aiuto di Dio.

Il re David è un uomo buono. Davanti a Saul, suo nemico, vede al di là del diritto e non si vendica.

Vive profondamente la “regola d’oro” dell’etica di tutte le religioni ispirate da Dio: “Ciò che volete gli uomini facciano a voi, anche voi fatelo a loro”.

Molti tra noi sono buoni, consapevoli della fragilità umana: viene naturale essere misericordiosi, comprensivi, perdonare in alcune circostanze della vita.

Ma Gesù vuole che la nostra bontà sia la stessa di Dio, ci chiede il massimo, l’impossibile per la fragile nostra situazione umana: “Amate i vostri nemici, fate del bene a quelli che vi odiano, benedite coloro che vi maledicono…”.

La verità è nell’assurdo del Calvario quando, all’apice della più grande ingiustizia, risuona una voce morente: “Perdona loro, perché non sanno quello che fanno!”.

Le guerre di tutti i tipi, i muri, le divisioni, i tribunali, l’ordine delle leggi sono istituzioni di un mondo che si crede reale e giusto, mentre invece è un insieme di assurdità.

Dammi Signore le calde lacrime del perdono, la pace della misericordia, la ricchezza del dare, la misura di Dio in ogni azione e così vivrò la tua stessa vita.

Il mondo continui a sognare, mentre tu ci dirai “beati” liberandoci da “guai a voi”.

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Un’Esperienza di Vita:

Per un motivo apparentemente banale era nata una grandissima incomprensione con Ahmed, un amico egiziano che ha subito una delicatissima operazione e che amo come un fratello.

Mi ero insolitamente molto arrabbiato.

Dovendo però io partire per un convegno, ci eravamo incontrati per rappacificarci e tutto sembrava risolto.

Rientrato dopo circa una settimana, inspiegabilmente non riuscivo a mettermi in contatto con lui. Finalmente una sera sono andato a casa sua (era la terza volta) e l’ho intercettato in una strada vicina.

Non riesco a perdonarti – mi dice subito -; io posso farlo con i miei nemici, perché in fondo non mi interessano, ma alle persone più care non riesco a perdonare”.

Gli dico: “Ti chiedo ancora scusa e perdono. È vero, non ci siamo capiti. Non mi meraviglio che tu non riesca a perdonarmi. È normale, nessun uomo può farlo. Solo Dio, Allah, può aiutarci. È un dono suo che ci concede se glielo chiediamo. Se tu sei d’accordo, lo facciamo insieme, pregando in silenzio”.

La strada era illuminata ed abbastanza frequentata perché vicina alla stazione. Silenziosamente ci siamo concentrati a lungo ed abbiamo pregato Dio Padre (che Ahmed chiama Allah).
Quando abbiamo finito lui mi ha guardato dicendomi: “Ti ho perdonato, è la prima volta che lo faccio subito”.

Certo – ho replicato -, questa volta è stato possibile perché lo abbiamo chiesto a Dio e lui lo concede ai suoi figli”.

Passeggiando, gli ho anche detto: “Vedi, tutti abbiamo bisogno di essere perdonati. Nel Vangelo c’è scritto come fare: se perdoni poco ti è perdonato poco, se perdoni molto ti è perdonato molto, se perdoniamo tutto ci è perdonato tutto. Questo è scritto nel Vangelo e vale per tutti gli uomini. Sicuramente ci sono cose altrettanto belle nel Corano: se puoi, cercale e fammele conoscere”.
Eravamo nella gioia piena.

Senti Ahmed – gli ho chiesto -, cosa ne dici se ringraziamo Allah?”.

Ci siamo di nuovo fermati e silenziosamente, intensamente, lo abbiamo ringraziato.

Francesco C., da “Città Nuova”