venerdì 2 dicembre 2011
Luca 3,4
(http://www.focolare.org/it/news/2011/12/01/dicembre-2011/)
Il profeta Isaia, con la sua esortazione, ci fa capire che la strada e i sentieri che conducono alla vita sono del Signore, quindi sono tracciati da sempre. Noi dobbiamo solo individuarli, liberarli dalle buche, dagli ostacoli e “raddrizzarli” cioè togliere tutti i giri inutili che ritardano il nostro incontro con il Signore.
Abbiamo già ricordato la penitenza e la preghiera per poter vivere meglio l’Avvento. Ora possiamo dare più attenzione alla Parola di Dio che ci invita a svegliarci dal sonno e camminare, che è come dire viverla quotidianamente. La Parola deve conquistare la nostra mente e il nostro agire riportandoci al comandamento dell’amore reciproco.
Mentre siamo come avvolti dallo spirito del Natale egoistico e consumistico che ci inquieta nella corsa all’avere e al godere, nell’illusione di trovare così romanticamente la fraternità e la pace, cerchiamo di trasformare l’incontro e il dono in un gesto d’amore, sul cammino retto e piano della volontà di Dio di ogni momento presente.
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Un’Esperienza di Vita:
Venerdì scorso dovevo andare a Colombare per un incontro. Andavo volentieri, anche se senza aspettative o entusiasmi particolari. Verso sera mi telefona don Bruno della Caritas per dirmi che la polizia sta portando due ragazze di strada, per una accoglienza notturna. Don Bruno non chiede, ma informa…! Gli dico che andando a Colombare mi sarei fermata. Dopo qualche minuto gli telefono e gli dico: “È meglio che prenda una borsa per la notte?”.
Il tempo di arrivare e di preparare due camere e arrivano due poliziotti con le due ragazze. Qualcuno spezza dentro di me qualsiasi barriera di repulsione e di fastidio: divento accogliente, tenera, mi prendo cura di queste creature con sollecitudine materna. Una mi dice che è incinta… le accarezzo il ventre, le accompagno in camera, appoggiano le loro cose e mi dicono che hanno molta fame. Preparo la miglior cena possibile, le servo rassicurandole con sorrisi e carezze, faccio la camomilla, le porto a letto, mostro la mia camera di fronte e dico che possono chiudere a chiave la loro stanza. Due giri di chiave e silenzio… Dopo dodici ore le vado a svegliare con il caffè. Questi i fatti!
Il mio sentire: una privilegiata cui il Signore ha fatto un dono tutto speciale; sono stupita e contenta.
Passo una notte insonne, ma serena a buona. Mi sento custode di quel sonno finalmente tranquillo e tanto desiderato, aldilà del corridoio. Ho tutto il tempo per ringraziare il Signore e dirmi: “È così che torni, è così che ti sveli; due prostitute e un piccolo figlio di nessuno… è così che ti fai riconoscere riempiendomi di gioia!
Roberta, Verona (Italia)
martedì 1 novembre 2011
Matteo 25,13
(http://www.focolare.org/it/news/2011/10/31/novembre-2011/)
Il momento che attendiamo è quello della seconda venuta di Gesù: "La risurrezione dei morti e la vita del mondo che verrà", come diciamo nel Credo.
Per ciascuno, l'ingresso in questa nuova dimensione è la fine del cammino su questa terra: l'ora della sua morte, o meglio, come dicevano i primi cristiani, l'ora della sua nascita. La nostra vita attuale è un'esistenza che finirà, una strada che ad un certo punto si interrompe. Se noi non teniamo conto di questo, se viviamo come se durasse sempre, la nostra vita è falsa, non autentica, non veramente umana.
Facciamo allora una prova: per capire bene questo atteggiamento su cui tanto insiste Gesù, cerchiamo di vivere un giorno come se fosse l'ultimo della nostra vita. Non è del tutto una finzione, soprattutto perché, dato che quel momento ci sarà, poco importa se avverrà oggi o fra cinquant'anni. Se facciamo questo, avviene in noi un cambiamento: molte cose perdono valore, molte altre ne acquistano, e soprattutto ci troveremo sempre più liberi da tante possibili illusioni e vivremo più pienamente.
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Un’Esperienza di Vita:
Un giorno, un signore ha chiesto al chirurgo presso il quale lavoro i risultati degli esami fatti a suo padre. L'esito è terribile: tumore maligno; si tenterà un intervento, ma probabilmente non ci sarà più niente da fare. Il signore impallidisce; sua madre e sua sorella l'attendono fuori. Come dare loro la notizia? Come preparare il padre? È davvero disperato. Sento in me tutta la sua sofferenza e vorrei poter fare qualcosa. Mi avvicino e gli chiedo: "Crede in Dio?". Alza la testa e mi guarda stupito: "Si, in un certo senso io credo". Il chirurgo è già uscito e mi chiama. Lo seguo. Qualche minuto dopo, mentre ripasso in sala d'attesa, vedo ancor quel signore fermo lì, pensoso, la testa fra le mani. Ho in borsetta un foglio con la spiegazione di una frase del Vangelo: glielo do. Un po’ sorpreso comincia a leggere: "Vegliate, perché non sapete né il giorno né l'ora..." Cerco di spiegare un po’: "In questa sofferenza è proprio Lui, Dio, che viene a visitarla, con tutto il suo amore..." Mi ascolta attentamente e sembra calmarsi, e ritrovare un po’ di serenità. Prima di andarsene, si gira improvvisamente verso di me: "Sarei felice che lei fosse presente all'operazione. La sua presenza ci darà coraggio". La mattina dell'operazione ci sono; prego Gesù di essere soltanto, per quanto ne sono capace, uno strumento del suo amore.
(Italia)
P.s. Forse troverete interessante il libro “Il Padrone del Mondo” da Mons. Hugh Benson (1871-1914) che era il figlio del arcivescovo di Canterbury, ma si è convertito al Cattolicesimo. Nonostante che il libro era pubblicato 100 anni fa, offre una predizione immaginativa del fine del mondo con tanti descrizioni profetiche che vediamo oggi. Papa Benedetto XVI, come Cardinale Ratzinger prima della sua elezione al papato, ha riferito al libro in modo positivo in qualche discorso suo. Si può download il libro a: http://doc.studenti.it/scheda-libro/generale/padrone-mondo-hugh-benson.html.
lunedì 3 ottobre 2011
Matteo 9,9
(http://www.focolare.org/it/news/2011/10/01/ottobre-2011/)
Gesù ci chiede di seguirlo fino in fondo. Ma oggi la grande maggioranza dei cristiani che credono di essere cristiani seguono Gesù nel modo loro, nella loro misura umana, nel relativismo che ci circonda in pieno nella nostra cultura, nella mass media. Tantissimi oggi vogliono un cristianesimo senza la croce e senza l’umiltà, in particolare per i cattolici, l’umiltà davanti a Gesù nell’Eucaristia e l’umiltà davanti alle parole più difficili di Gesù spiegate dall’autorità che Gesù ci ha lasciato sulla terra prima di salire al cielo, la sua Sposa, la Chiesa, con il suo Vicario al capo.
Ma anche per quelli che vogliono sinceramente seguire Gesù, ci sono momenti in cui si muore dentro: ci sentiamo inutili e sconfitti; non riusciamo più a credere nell'amore; abbiamo perso la capacità di rischiare. C'è bisogno di futuro; c'è bisogno di un raggio di cielo; c'è bisogno di un amore vero.
Dove trovare una nuova ispirazione? Se mettiamo più attenzione a ciò che Dio fa per noi, invece di pensare a quello che ci viene chiesto, troveremo un respiro nuovo dell'anima.
È molto diverso sentire importanti le persone per il ruolo che occupano, e invece sentirle importanti perché amate da Dio! Ritrovato così “il cuore della vita”, ogni giorno si tinge di avventura, un'avventura divina, dove anche il perdere diventa un guadagno.
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Un’Esperienza di Vita:
Liliana Cosi, celebre ballerina fondatrice con Marinel Stefanescu di una scuola di danza classica, parlando ad una manifestazione pubblica ad Auronzo, ha raccontato la sua conversione e ha descritto l'arte come espressione dell'armonia e della bellezza, che è Dio.
Ha parlato anche di purezza, di scelte radicali.
“Ti sei mai sentita abbandonata da Dio?” le chiede una ragazza. Ci pensa qualche istante con la testa fra le mani. “Sì, ho avuto un giorno l'impressione di essere una grande illusa, che tutta la mia vita e il mio impegno fossero solo illusione. Così sono entrata in una chiesa, mi sono fermata davanti a Gesù in croce e gli ho detto: 'non uscirò di qua se non mi risolvi!' Mi fermai lì, sola, due ore. Poi Gesù mi diede una serenità mai provata. E la convinzione di dover continuare e la gioia di essergli fedele”.
S. De Martin
venerdì 2 settembre 2011
Luca 15,32
(http://www.focolare.org/it/news/2011/09/01/settembre-2011/)
La parabola del figlio prodigo è piuttosto quella del padre prodigo di immenso perdono, non sempre facile per noi che a volte diciamo: “Ti perdono, ma non dimentico”, per cui registriamo il tutto per rinfacciarlo più tardi all’occasione. Lo stile di Dio è esattamente l’opposto. Lui rispetta la scelta del figlio minore che ha deciso l’avventura in città dove sperpera tutto fino a trovarsi privo di cibo. In questa situazione si accorge che non si era allontanato soltanto da casa, ma anche da se stesso, poiché nel testo si legge: “Allora rientrò in se stesso”.
La tenerezza del padre si scontra con l’asserzione dei diritti vantati dal primogenito e non rispettati, secondo lui, dal genitore. Il figlio non scopre che l’amore del padre va oltre la giustizia umana e si perde nella misericordia. Il Vangelo ci lascia in questo dubbio. Forse è meglio così, perché, per amare come Dio, bisogna saper andare oltre la logica umana. Per farlo ci vuole quella carità divina, che può riempire il nostro cuore solo se si svuota di se stesso.
Tanti persone oggi non vogliono fare questo rischio, questo salto di fede, fiducia e amore nelle braccia di Dio Padre! Si fidano alle loro intelligenza e sapienza per giustificare il loro modo di vivere. Non vogliono fare il rischio di dovere cambiare vita e soffrire e perciò rimangano immaturi nella loro meschinità senza voler sapere di più!
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Un’Esperienza di Vita:
Ho due figli: uno di diciassette anni, l’altro sedici. Con il più grande non avevo più alcun rapporto. Domenica eravamo in campagna con degli amici; passa una macchina e manda in frantumi una bottiglia. Penso che qualcuno possa farsi male con quei cocci e sto per chinarmi a raccoglierli: sono un medico, sono cristiano! Il più grande dei miei figli mi prende in disparte: “non lo fare, è un lavoro da spazzino”. Il suo sarcasmo mi fa sentire una stretta al cuore: mi riprometto sempre di essere io il primo ad incominciare ad aprirmi, ma quando succede così mi cadono le braccia.
Siamo andati alla Messa vespertina e sulla porta della chiesa c’erano due mendicanti che conosco bene perché vengono in ambulatorio e, quando mi hanno visto, mi hanno fatto festa. Scorgo sull’altro lato della strada mio figlio che mi sta guardando, ma penso con chiarezza come mi devo comportare, mi faccio loro incontro e stringo loro la mano. Alzo di nuovo lo sguardo: mio figlio mi sorride e mi saluta con affetto. Aveva ascoltato il discorso vivo della mia coerenza e della mia accoglienza con le quali mi sforzo di avere un solo modello: Gesù.
Mario V. (Italia)
lunedì 1 agosto 2011
Ebrei 10,9
(http://www.focolare.org/it/news/2011/08/01/ecco-io-vengo-a-fare-la-tua-volonta-eb-109/)
Durante Avvento leggiamo nella Liturgia che amore sa vigilare (I dom.), abbiamo visto l’amore come realizzazione perfetta di sé (Immacolata), amore vicendevole come luce e fuoco che rende presente Gesù tra di noi (II dom.), amore come fonte della gioia nel dare (III dom.). Nella vigilia di Natale la liturgia ci parla dell’amore più grande, ossia del sacrificio di noi stessi, della nostra volontà, spinti dall’esempio di Gesù e di Maria. Nella lettera agli Ebrei vengono ricordate le parole del Figlio di Dio: Ecco, io vengo, o Dio, per fare la tua volontà; ed il Vangelo della vigilia di Natale ci presenta Maria che visita Elisabetta, attuazione concreta del suo sì a Dio: Eccomi, sono la serva del Signore, avvenga di me quello che hai detto.
È nell’obbedienza totale alla volontà di Dio che noi compiamo il sacrificio perfetto: diamo non cose, tempo o affetti, ma tutti noi stessi. È nel sì quotidiano che noi rinneghiamo noi stessi e confermiamo quanto dice la Scrittura: “Gradisce forse il Signore le offerte e i sacrifici più dell’obbedienza alla sua parola? Meglio del sacrificio è obbedire” (1 Sam 15,22). San Bernardo, il cantore di Maria, esclama che Maria piacque a Dio per la sua verginità, ma concepì e divenne madre per la sua umiltà.
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Un’Esperienza di Vita:
Dovevo assentarmi tutta la giornata per partecipare a una riunione proprio il giorno della festa della mamma. Avevo visto la cosa con mia moglie e tutto lasciava pensare che andava benissimo che quel giorno io fossi assente. Più volte, però, ho percepito un certo malcontento da parte dei ragazzi e anche di mia moglie. È stato per me il campanello d’allarme, il cric del grilletto, il momento di vivere la Parola.
Da quel momento mi sono distaccato da quell’incontro e mi sono messo a vivere per la festa della mamma, per mia moglie, a cominciare dalla scelta del regalo con i ragazzi. Volevo che quella giornata fosse proprio bella, un vero dono per mia moglie. Per questo sono rimasto con lei sempre, ad aiutarla nelle sue occupazioni: lavare i piatti, preparare da mangiare, fare i vari lavori di casa. Ella era un po’ colpita nel vedermi sempre lì con lei, ma io le ho detto che questa era la sorpresa per vivere la festa della mamma: volevo davvero condividere il suo tempo, volevo vivere per lei. Abbiamo fatto tutto insieme ed è stato meraviglioso. Ella era contentissima, io ed i ragazzi felici.
Renato S., Venezia
domenica 3 luglio 2011
Matteo 26,41
(http://www.atma-o-jibon.org/italiano10/parola_lug11.htm)
Come possiamo trovare l’aiuto più forte per superare le tentazioni nella nostra vita? I setti sacramenti ci da le grazie forti per dire di “no” alle tentazioni e di “sì” a Gesù. Sei di questi sacramenti producono effetti e danno grazie corrispondenti al sacramento. Ma il sacramento dell’Eucaristia è Gesù Cristo in Persona! La fonte e apice della vita cristiana è l’Eucaristia!
Si sperimenta sempre una certa emozione quando si arriva alla sorgente del Piave o del Tevere o di qualche altro grande fiume, perché quei corsi d’acqua richiamano alla memoria fatti importanti per l’Italia e per il mondo intero. Così avviene quando ci si ferma, senza fretta, davanti all’Eucaristia: da questo sacramento è sgorgata tutta la vita della Chiesa espressa lungo duemila anni di storia.
Dall’Eucaristia hanno preso coraggio e forza i martiri. Durante le persecuzioni, i cristiani hanno inventato ogni stratagemma per far giungere ai condannati il pane eucaristico.
Dall’Eucaristia è sgorgato un fiume di carità che ha fatto sorgere nel mondo ospedali, lazzaretti, lebbrosari, orfanatrofi e altre istituzioni caritative. Teresa di Calcutta apriva le sue case solo se c’era la possibilità della Messa e dell’adorazione dell’Eucaristia “perché, diceva, non si può amare i più poveri tra i poveri se non ci si alimenta alla sorgente di Gesù”.
Dall’Eucaristia hanno attinto la sapienza moltissimi cristiani. Tommaso d’Aquino, ritenuto dalla Chiesa un maestro impareggiabile, acquisiva il suo sapere da Gesù nel tabernacolo, sul quale appoggiava spesso il capo.
L’Eucaristia, sorgente della vita della Chiesa, ne realizza l’unità: “un solo pane, un solo Corpo”.
Con l’Eucaristia siamo intimamente inseriti nella vita di Gesù come membra del suo Corpo. Per questo è chiamata “comunione”: ci porta a superare l’istinto di rinchiuderci nell’egoismo e ci apre all’amore divino verso tutti; ci fa un solo corpo, com’è uno il pane che mangiamo.
Anche la processione eucaristica vuole esprimere questa unità non statica, ma di vita, di collaborazione, di cammino fatto insieme.
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Un’Esperienza di Vita:
Il Cardinale Van Thuan durante il Giubileo predicò gli Esercizi Spirituali al papa e alla curia romana. Nelle sue riflessioni ha raccontato molti fatti della sua esperienza vissuta in un campo di concentramento del Vietnam, dove trascorse 13 anni di prigionia di cui 9 in isolamento:
«Messo in prigione sono riuscito a scrivere ai miei amici, che mi mandarono un po’ di vino con l’etichetta “medicina contro il mal di stomaco” e delle ostie nascoste in una fiaccola contro l’umidità. Non potrò mai esprimere la mia grande gioia: ogni giorno, con tre gocce di vino e una goccia d’acqua nel palmo della mano, ho celebrato la Messa... Erano le più belle Messe della mia vita! Così in prigione sentivo battere nel mio cuore il cuore stesso di Cristo. Sentivo che la mia vita era la sua, e la sua era la mia.
Nel campo di rieducazione eravamo divisi in gruppi di 50 persone, dormivamo su un letto comune, ciascuno aveva diritto a 50 cm. Alle 21,30 bisognava spegnere la luce e tutti dovevano andare a dormire. In quel momento mi curvavo sul letto per celebrare la Messa, a memoria, e distribuivo la comunione passando la mano sotto la zanzariera. Abbiamo perfino fabbricato sacchettini con la carta dei pacchetti di sigarette per conservare il Santissimo Sacramento e portarlo agli altri. Gesù Eucaristia era sempre con me nella tasca della camicia.
Ogni settimana aveva luogo una sessione di indottrinamento, a cui doveva partecipare tutto il campo. Al momento della pausa, con i miei compagni cattolici, approfittavamo per passare un sacchettino a ciascuno degli altri quattro gruppi: tutti sapevano che Gesù era in mezzo a loro. La notte i prigionieri si alternavano in turni di adorazione. Gesù eucaristico aiutava in modo inimmaginabile con la sua presenza silenziosa: molti cristiani ritornavano al fervore della fede. La loro testimonianza di servizio e di amore aveva un impatto sempre più forte sugli altri prigionieri. Anche buddisti ed altri non cristiani giungevano alla fede. La forza dell’amore di Gesù era irresistibile».
giovedì 2 giugno 2011
Romani 12,2
(http://www.focolare.org/it/news/2011/06/01/giugno-2011/)
Come possiamo evitare a conformateci alla mentalità di questo secolo, ma invece trasformateci rinnovando la nostra mente? In questo periodo di Pasqua, abbiamo sentito nella Liturgia la risposta di Pietro a Gesù che ci indica la strada!
Signore, tu sai tutto; tu sai che ti amo (Gv 21,17)
Con questa triplice risposta a Gesù, Pietro riceve il primato dell’amore, diventa il “vicario” di Cristo, ricevendo il ministero di amare sempre, tutti, fino in fondo, fino alla morte.
Dopo l’esperienza del peccato e delle sue conseguenze, del tradimento e del ritorno a un passato senza speranza, come una inutile notte di pesca, è dolce sentirsi chiamare da chi del mio peccato si è caricato e se ne dimentica e mi chiede solo di ricominciare ad amare, nel presente, come se il mondo cominciasse di nuovo. E ritrovarsi in una famiglia dove c’è una sola legge che vale per il primo e per l’ultimo, dove il primo deve essere l’ultimo perché l’autorità si misura con la maggior necessità di servire. Finalmente, sembra dire Pietro, ti ho capito, quando mi hai chiamato satana, quando ti sei piegato a lavarmi i piedi, quando mi hai fatto piangere amaramente con il tuo sguardo di paterno rimprovero e hai rifiutato la mia spada per difenderti.
Allora anche noi, diciamo con Pietro: “Signore, tu sai tutto, tu sai che ti amo!”
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Un’Esperienza di Vita:
Avevo da un anno un buon lavoro, finalmente un’occupazione sicura, ma ecco che mi capita un incidente. Ero libero professionista, da tempo la ditta per la quale lavoravo mi aveva promesso che avrebbe acceso un’assicurazione per me, ma quando è successo l’incidente abbiamo scoperto che non lo aveva fatto e dopo i primi tre mesi di malattia mi ha fatto sapere che non mi avrebbe più pagato lo stipendio e che avrei perso il posto. Avrei potuto intentare un’azione legale, ma avrei dovuto citare come testimoni i miei ex colleghi mettendoli in gravissime difficoltà, con il rischio di far perdere loro il posto di lavoro. Con mia moglie abbiamo deciso di cercare di risolvere i nostri problemi senza danneggiare nessuno.
Dopo il quarto mese di disoccupazione, abbiamo cominciato ad avere difficoltà economiche. Il lavoro di Marta non bastava per mandare avanti la famiglia. La Provvidenza però non ci ha mai abbandonati aiutandoci a trovare, proprio al momento in cui ne avevamo bisogno, piccoli lavori che ci permettevano di tirare avanti. Insieme ai figli ogni sera cantavamo una “Ave Maria” su un’aria che mi aveva insegnato la nonna. Le chiedevamo aiuto non solo per noi, ma anche per chi sapevamo ne aveva bisogno.
Dopo sei mesi dall’incidente, quando la situazione dell’industria del nostro paese era in un periodo estremamente difficile, su segnalazione di un amico ho trovato un lavoro migliore di quello che avevo perso. A noi è parso una risposta… di Chi non si lascia mai vincere in generosità.
M. e J.L., Uruguay
domenica 1 maggio 2011
Matteo 22,37
(http://www.focolare.org/it/news/2011/05/01/maggio-2011/)
Come Gesù, anche sant'Agostino ha dato una risposta estremamente semplice a tutti i teologi, ai moralisti, ai canonisti: "Ama e fa' quello che vuoi".
Ma per amare bisogna aver conosciuto l'Amore, bisogna essere amore. Come Dio che ci ama ed è amore.
Gesù facendo dei due un solo comandamento, ci indica che il punto di incontro tra l'amore di Dio e il prossimo è l'Incarnazione. Dio che si fa carne, cioè uomo. Da questo momento la linea che ci porta a Dio passa obbligatoriamente per l'uomo, per il figlio di Dio che tutti noi siamo diventati.
Nell'Antico Testamento la legge dell'amore passava attraverso la "com-passione", per l'essere tutti immagine di Dio, per l'origine e il destino comune a tutti.
Oggi, l'altro è Gesù. In Lui si trova tutto Dio che si è offerto per noi e tutta l'umanità che in Gesù è stata ricreata a nuova vita attraverso la croce.
Essere cristiani quindi è semplice, basta amare. Ma estremamente impegnativo perché l'amore chiede tutto, dà tutto, è Dio.
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Un’Esperienza di Vita:
Lo scorso anno, impegnandomi a fondo, sono riuscito ad essere il primo della classe. Per questo ho ricevuto un premio in denaro dalla scuola. Ho dato i soldi ai miei genitori che li hanno usati, integrando la cifra, per comprare due libri che mi sarebbero serviti per quest'anno. Durante le vacanze, un amico me ne ha chiesto in prestito uno. Ne ero molto geloso, ma, vedendo in lui Gesù, gliel'ho dato, raccomandandogli però di usarlo con molta attenzione.
Un mese dopo sono venuto a sapere che questo libro era stato ricoperto di scritte e disegni e mi sono arrabbiato molto. Volevo che fosse Gesù a farmi capire cosa fare e così, per confrontarmi, sono andato a parlare con un compagno con il quale condivido un cammino spirituale. Lui mi ha detto che il mio amico aveva dimenticato sul tavolo di casa il libro: la sua sorellina vi aveva fatto quelle scritte e quei disegni. Ho capito che non dovevo essere attaccato ad una cosa che passa ed ho bruciato la collera in me.
Alcuni giorni dopo ho incontrato il mio amico, che era mortificato e non sapeva come dirmi dell'accaduto. Ho fatto io il primo passo per sdrammatizzare tutto e lui mi ha detto di aver già rivestito il libro con una bella copertina che nascondeva i "frutti" del talento della sorellina. Gli ho detto che la copertina trovata era troppo bella e ci siamo messi a ridere tutti e due!
(Rindra, India)
sabato 2 aprile 2011
Marco 14,36
“Non ciò che io voglio, ma ciò che vuoi tu” (Mc 14,36) (http://www.focolare.org/it/news/2011/04/01/it-aprile-2011/)
In questa parola che Gesù rivolge al Padre nel giardino degli Ulivi giunge al culmino il cammino dell'uomo che ritorna a Dio.
Dopo l'esperienza del peccato Adamo, “l'uomo vecchio”, sente per la prima volta nel suo cuore la paura di incontrare il Signore e perciò cerca di nascondersi. La voce del maligno l'ha messo in confusione creandogli un'idea sbagliata di Dio. Perciò fugge da Lui e dalla sua volontà e se ne va ramingo, prigioniero delle proprie paure.
Gesù mette fine a questa fuga, al vagabondare dell'uomo che si nasconde da Dio. Egli rivela il vero volto di Dio, quello di un Padre misericordioso che vuole il bene dei propri figli e li chiama a partecipare alla propria vita.
L'uomo Gesù non fugge ma cerca Dio, vuole che il proprio cuore batta all'unisono con quello del Padre. Questo rapporto si realizza nella preghiera; mettendosi a pregare in ginocchio Gesù costringe la sua (e nostra) umanità ad accogliere un disegno d'amore che ci supera. Dal “sì” al Padre nasce “l'uomo nuovo”, capace di dare la vita per amore superando ogni timore.
Anche noi, in questi giorni santi, ci raccogliamo in preghiera per prendere parte al processo di morte e di resurrezione di Gesù e così rigenerare in noi e intorno a noi “l'uomo nuovo”, quello fatto secondo la volontà del Padre.
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Un’Esperienza di Vita:
Un amico, Angelo, che scopro disoccupato, mi comunica un grande dolore: la morte della sua figlia neonata. Quando ci lasciamo ho in cuore un unico desiderio: fare qualcosa per lui. Il giorno dopo il mio primo pensiero è stato: voglio cercare lavoro per Angelo.
Tra le pochissime possibilità in un Paese con tanta disoccupazione, mi viene in mente Carlo, un altro amico, manager in una grossa ditta.
Ma la giornata che mi aspetta è così impegnativa che mi rendo conto che non riuscirò a contattarlo. Durante la messa mi lamento un po’ con Gesù: “Mi chiedi troppo!”.
Mentre sono per strada, per andare a trovare una persona che attraversa una situazione tanto dolorosa - uno dei compiti previsti per quella giornata - affido al Padre il lavoro di Angelo.
Ascolto per ore, con grandissima pace, quella persona che alla fine è veramente sollevata e contenta.
Tornando a casa, un messaggio. È di Angelo che ha trovato lavoro. È felice. E lo sono anch’io. Ma la sua seconda frase mi commuove proprio: il lavoro è presso la ditta di Carlo, il manager, col quale è venuto in contatto attraverso un’altra strada.
X. Z., Italia
martedì 1 marzo 2011
Luca 1,38
(http://www.focolare.org/it/news/2011/03/01/eccomi-sono-la-serva-del-signore-avvenga-di-me-quello-che-hai-detto-lc-138/)
Maria è la persona che ha risposto col proprio sì incondizionato a Dio: lei ha concesso spazio in sé a Dio. Nel sì, Maria è Madre che genera: in lei davvero l'amore di Dio si è fatto amore dell'uomo. Già solo questo fatto è scandalo. Aveva detto Fiatone che nessun Dio si mescola agli uomini, e aveva così espresso la desolazione del mondo antico, che avvertiva la distanza abissale tra Dio e l'uomo e la riteneva incolmabile. La colmò Maria. Nel suo "eccomi", lei è diventata lo spazio creaturale dove il divino è rientrato nell'umanità.
E’ particolare l’amore di Maria, il suo amore di donna e di madre: non chiede, da. Non pretende; si considera in debito. E sua bellezza è essere sfondo, non sovrapporsi; perciò è amore delicato, rispettoso, nascosto, velato e insieme estremamente forte, perché capace di generare. Lo specifico del generare è il frutto e quello dell'amore e l'amore: l'esperienza di essere risposta.
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Un’Esperienza di Vita:
Quando Francesca ci comunicò la sua decisione di farsi suora, ce lo disse con parole che aprirono il nostro cuore di genitori: "Vedete, - ci disse - io questa cosa non l'ho cercata; non era nei miei progetti e neanche nei miei sogni. Quando mi sono accorta che forse il Signore mi stava chiamando alla vita consacrata, ho provato ad allontanare questo pensiero e a non assecondarlo troppo. Ma gradatamente mi appariva sempre più chiara la volontà del Signore verso di me. Non mi era chiesto di ragionare e di capire, ma di corrispondere con spirito di accoglienza e di abbandono". Aggiunse anche: "Mi sono chiesta da sola: ma come è possibile che il Signore chiami proprio me, che non ho doti eccezionali, che non sono migliore di tante ragazze della mia età? Scoprii con gioia che il Signore aveva posato il suo sguardo su di me pur vedendo benissimo, molto meglio di me, i limiti, i difetti, le debolezze, le fragilità mie. Dunque, posso confidare in Lui ed affidarmi a Lui. Oggi e sempre accompagna i miei passi con la sua presenza, con il suo sostegno, con la sua luce, con la sua forza. Questa certezza mi da una grande pace interiore ".
Queste le parole di Francesca ci aiutarono a capire che la vita dei figli, qualunque strada essi intraprendano, è sempre una risposta ad una iniziativa di Dio. Noi genitori siamo chiamati ad essere loro vicini sempre, così che là dove il Signore li attenderà, essi possano andare con fiducia e con grande pace interiore.
(I genitori di Francesca, Italia)
martedì 1 febbraio 2011
Romani 8,14
(http://www.focolare.org/it/news/2011/02/01/febbraio-2011/)
Lo Spirito di Dio ci ha sempre amati, fin dalla eternità. Ci ha seguiti sulle strade della falsa libertà, dell'idolatria di noi stessi, come il pastore che va in cerca della pecora perduta, come il Padre che attende il figlio, con infinita pazienza, sulla soglia di casa, pronto a far festa. Ci ha cercato nei labirinti della vita dove ci siamo persi, con l'ansia con cui si cerca la moneta preziosa, come fosse l'unico suo tesoro.
Si è lasciato annientare dalla morte, è sceso agli inferi fino al più basso gradino per non perdere nessuno, fino a sentirsi abbandonato, svuotato nell'anima della sua essenza, l'amore. Per questo siamo stati richiamati alla vita nella vita di Gesù che ci ha abbracciati e tenuti stretti a Lui e riportati a respirare lo Spirito del Padre.
Lo Spirito di Dio ci fa dire “Abbà” papà. Come possiamo vivere come figli di Dio?
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Un’Esperienza di Vita:
Siamo sposati da 26 anni e abbiamo tre figli ancora studenti. Svolgo la professione di medico ospedaliero, mentre mia moglie, dopo la nascita del terzo figlio, ha lasciato il lavoro di fisioterapista per dedicarsi alla famiglia e poter affrontare insieme, secondo le proprie possibilità e capacità, i normali impegni quotidiani e, qualche volta, i momenti difficili.
Ci ha aiutato molto dialogare e affrontare subito i problemi, convinti di trovare sempre la soluzione più adeguata, come in occasione della decisione da parte di nostro figlio e della sua compagna, di rinunciare alla vita che avevano concepito. Comprensibile il loro disagio, non giustificabile il loro comportamento e in particolare la loro decisione. La legge lo permetteva, la coscienza no! Nessuna difficoltà di attuazione pratica, privacy garantita, all'insaputa di chiunque, tranne che delle coscienze. Dichiarazione scioccante, dirompente per il fatto e le sue possibili conseguenze.
Cosa rispondere? "Vi diamo una mano!" È ciò che abbiamo pronunciato all'unisono, dopo qualche minuto di sgomento, di silenzio, di intesa raggiunta solo con un intenso sguardo reciproco, senza troppo riflettere, tralasciando i "se" e i "ma", certi di una cosa: la loro decisione esprimeva una evidente richiesta di aiuto per capire, per agire. I dialoghi e i silenzi successivi hanno messo in luce dinamiche diverse. La diversità di idee, di convinzioni, di posizioni esterne ed intermedie, ha consentito di percorrere insieme una strada non facile ma illuminata dal faro sicuro della meta: la Vita sempre e comunque.
Alla fine abbiamo pronunciato tutti insieme un chiaro "sì" alla vita, un "sì" liberatore, entusiastico nelle successive scelte degli impegni pratici, concreti. L'idea ha scatenato l'azione, l'entusiasmo, coinvolgendo altre persone, "alla faccia" della privacy, della vergogna, del perbenismo interessato o della vuota dignità. Amore, sincerità, dialogo e disponibilità sono armi sempre vincenti. L'audacia e il coraggio devono prevalere sempre sulla insipida timidezza.
I principi e i valori devono essere oggetto di discussione ma mai messi in discussione: la vita è il dono più bello che Dio ci ha dato.
Paolo, Verona
mercoledì 5 gennaio 2011
Atti 4,32
(http://www.focolare.org/articolopdv_prova.php?codart=8087)
COSTRUIRE RAPPORTI NUOVI
Nei rapporti inter-umani il dare richiede il ricevere, perché sono il dare e il ricevere che creano la comunione, la fraternità e di conseguenza l’uguaglianza.
Dare vuol dire allora condivisione, comunione dei beni spirituali e materiali. Con questi atteggiamenti ne superiamo altri, contenuti nel dare che esiste nella civiltà dell’avere: quello che offende perché incrinato dal desiderio di potere sull’altro; quello che nell’atto del dare cerca la propria soddisfazione, la propria vanagloria; quello «utilitaristico» che pur dando è finalizzato e indirizzato al proprio utile, al proprio guadagno.
Il vero dare che crea rapporti nuovi è quello che Gesù ci insegna nel vangelo. Quel dare che, vissuto dai primi cristiani, faceva sì che si poteva dire di loro: «erano un cuor solo e un’anima sola e fra loro non v’era indigente» (cf At 4, 32).
Non di meno si richiede ai cristiani oggi per costruire il mondo unito.
Diceva Chiara Lubich in un grande incontro di giovani al Palaeur di Roma nel 1990: «Gesù ha definito il comandamento dell’amore “mio” e “nuovo”, perché è tipicamente suo, avendolo riempito d’un contenuto singolare e nuovissimo.“Amatevi – ha detto – come io vi ho amato”. E lui ha dato la vita per noi.
È dunque in gioco la vita in questo amore. E un amore pronto a dare la vita è ciò che egli chiede anche a noi verso i fratelli.
Non è sufficiente per lui l’amicizia o la benevolenza verso gli altri; non gli basta la filantropia, né la sola solidarietà. L’amore che chiede non si esaurisce nella non-violenza.
È qualcosa d’attivo, d’attivissimo. Domanda di non vivere più per se stessi, ma per gli altri.
E ciò richiede sacrificio, fatica. Domanda a tutti di trasformarsi da uomini pusillanimi ed egoisti, concentrati sui propri interessi, sulle proprie cose, in piccoli eroi quotidiani che, giorno dopo giorno, sono al servizio dei fratelli, pronti a donare persino la vita in loro favore»1.
In questi rapporti che si snodano nella quotidianità e nei momenti forti, la persona raggiunge la maturità dell’emancipazione, e, dunque, dell’autentica socialità.
Vera Araujo
(Sociologa brasiliana, Vera Araujo insegna dottrina sociale della chiesa nella cittadella internazionale di Loppiano e collabora a varie riviste. Oltre ad essere consulente del Movimento «Umanità Nuova» – espressione nel sociale del Movimento dei focolari – ha partecipato come «esperto» alla IV Conferenza del Consiglio Episcopale Latino Americano (CELAM) svoltasi nel 1992 a Santo Domingo.)
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Un’Esperienza di Vita:
Sono sempre stata legata ai miei vestiti e di anno in anno tendevo ad accumularli. Un mese fa, facendo il cambio di stagione, mi sono resa conto di quanto fossi condizionata da questo attaccamento; ho sentito forte la spinta a eliminare dall'armadio tutto ciò che per me era superfluo. Alla fine mi sono ritrovata con poche cose e una grande libertà nel cuore, ho scoperto la bellezza e l'importanza della comunione dei beni materiali!
Questo piccolo taglio mi ha permesso di ridare il giusto valore alle cose mettendo nuovamente Dio al primo posto.
(Una ragazza di 17 anni)