«Sono venuto a portare il
fuoco sulla terra; e come vorrei che fosse già acceso!» (Lc 12,49).
Subito dopo queste parole
nel Vangelo di Luca, Gesù continua: “C'è un battesimo che devo ricevere; e come
sono angosciato, finché non sia compiuto!” (v.50). Il fuoco può essere lo
Spirito Santo purificatore o la carità. Il battesimo è il battesimo di sangue
della Passione (Cfr. Mc 10,39). Questo fuoco dello Spirito Santo, della carità
vera, viene acceso soltanto attraverso “il battesimo” della sofferenza nella
nostra vita abbracciata per amore in unione con Gesù sulla croce. Paolo diceva:
“Tutto io reputo una perdita allo scopo di guadagnare Cristo e ritrovarmi in
Lui”.
Noi non perdiamo la vita
per Gesù o, meglio, noi non ci ritroviamo in Lui solo con il martirio, ma anche
facendo la sua volontà con amore momento per momento.
Pio XI, parlando della
vita di Santa Teresina, tutta spesa per amore, la definiva “martirio
quotidiano”, testimonianza di un amore eroico. Chi si allena ogni giorno in
questo martirio di amore si trova preparato, se gli fosse chiesto, a subire il
martirio del sangue: tutto per ritrovarsi in Gesù.
Tre farfalle vollero un
giorno avvicinarsi al fuoco per conoscerlo. Fermandosi ad osservare una
sentenziò: “È qualcosa che fa luce!”. La seconda, sentendone il calore, disse:
“È qualcosa che riscalda!”. Ma la terza spiccò il volo, penetrò dentro di esso e
divenne essa stessa fiamma viva. Essa sola ha capito che cosa sia il fuoco!
Se il sale non accettasse
di sciogliersi, non varrebbe nulla; se il legno non accettasse di bruciare, non
farebbe calore e marcirebbe inutilmente. “Chi perde la sua vita per me, la
troverà”.
Un canto non è un canto
finché è cantato. Una campana non è una campana finché è suonata. Dalla sua natura
vera, l’amore non è amore finché è donato.
Dal cuore squarciato di
Gesù sono scaturiti, come due fiumi, sangue e acqua, figure del Battesimo e
dell’Eucaristia. Vivendo questi due sacramenti, che ci rendono figli di Dio e
concorporei di Gesù, noi possiamo entrare nel cuore di Cristo e, per suo mezzo,
nella voragine d’amore della Trinità.
Questo processo di
trasformazione avviene ogni volta che, facendo il vuoto in noi stessi per
amore, diventiamo capaci di accogliere il dono di Gesù in ogni prossimo che
incontriamo.
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Un’Esperienza di Vita:
Ogni atto d’amore accende
una luce. Se poi si compie tra il buio più profondo dell’odio, allora esso
provoca un’esplosione di luce. Oggi, nella nostra cultura secolare, c’è meno vero
amore cristiano che mai prima. Giorgio Bielecki, un prigioniero di Auschwitz,
scrisse quello che avvenne quando padre Kolbe offrì la propria vita per salvare
un prigioniero condannato a morte:
«Fu uno shock enorme per
tutto il campo. Ci rendemmo conto che qualcuno tra di noi, in quella oscura
notte spirituale dell’anima, aveva innalzato la misura dell’amore fino alla
vetta più alta. Uno sconosciuto, uno come tutti, torturato e privato del nome e
della condizione sociale, si era prestato ad una morte orribile per salvare
qualcuno che non era neanche suo parente. Migliaia di prigionieri si convinsero
che il mondo continuava ad esistere e che i nostri torturatori non potevano
distruggerlo. Più di un individuo cominciò a cercare questa verità dentro di
sé, a trovarla e a condividerla con gli altri compagni del campo.
Dire che padre Kolbe morì
per uno di noi o per la famiglia di quella persona sarebbe riduttivo. La sua
morte fu la salvezza di migliaia di vite umane. E in questo, potrei dire, sta
la grandezza di quella morte. E finché vivremo, noi che eravamo ad Auschwitz,
piegheremo la nostra testa in memoria di quello che è accaduto. Quella fu una
scossa che ci restituì l’ottimismo, che ci rigenerò e ci diede forza; rimanemmo
ammutoliti dal suo gesto, che divenne per noi una potentissima esplosione di
luce capace di illuminare l’oscura notte del campo...».